Psicogenealogia junghiana
La psicogenealogia junghiana
Il fine del lavoro di psicogenealogia junghiana è di comprendere quali compiti non conclusi, traumi non risolti, lutti non elaborati sono stati trasmessi dalla famiglia ai discendenti.
Buma Zeigarnik ha dimostrato che quando un compito non è concluso resta in memoria per lungo tempo.
Questo crea un desiderio di completamento che, se non si realizza, lascia un profondo disagio.
Questo fenomeno è stato chiamato “effetto Zeigarnik”.
E questo spiega come fatti non elaborati o non conclusi dagli antenati restino nella psiche collettiva e familiare per più generazioni.
Restano occulti fino a che qualcuno li vede, ne prende coscienza ed elabora degli atti simbolici per diminuirne l’impatto.
Questo è quello che viene fatto in psicogenealogia con l’albero psicogenealogico.
L’origine della psicogenealogia junghiana
La psicogenealogia è uno strumento di accompagnamento che è stato creato negli anni ’80 da Anne Ancelin Shutzenberger.
La parola psicogenealogia è stata usata per la prima volta contemporaneamente da lei e da Alejandro Jodorowsky.
Ma Anne Ancelin ha creato un metodo che si basa sull’uso del genosociogramma per prendere coscienza delle problematiche familiari che si sono trasmesse da più generazioni.
Dunque le persone disegnano su grandi fogli bianchi la storia genealogica della loro famiglia nella quale si evidenziano le ripetizioni di date, di scenario, di lutti non elaborati, di traumi che si reiterano nella vita dei discendenti.
Inoltre Carl Gustav Jung, psichiatra e psicoanalista svizzero, ha ipotizzato che nella nostra psiche esista, oltre che un’inconscio personale, anche un inconscio collettivo dove sono custoditi i ricordi dei nostri antenati:
L’uomo è in possesso di molte cose che non ha mai acquisito, ma che ha ereditato dai suoi antenati. Il bambino alla nascita, non è una tabula rasa ma ha in sé tutto il patrimonio archetipico che verrà costellato in rapporto alle figure incontrate nella realtà concreta.
C. G. Jung
Infine il pensiero Junghiano, dando importanza ai simboli e alla sincronicità, coincidenza significativa tra un evento esterno e lo stato psichico della persona, ci permette di allargare maggiormente il campo di lavoro in psicogenealogia.
La simbologia nella psicogenealogia
I simboli sono molto importanti nella stesura dell’albero psicogenealogico o genosociogramma: come le persone rappresentano se stesse, (tondo se donne e quadrato se uomini) quanto lontano o vicino dai genitori, se il simbolo è chiuso o aperto, così come chi è più grande o più piccolo, sono messaggi dell’inconscio che il facilitatore cerca di decifrare con il paziente.
La psicogenealogia junghiana dunque tiene conto di alcuni fattori che nella psicogenealogia di Anne Ancelin non sono ritenuti importanti.
Per esempio le sincronicità, che vanno lette come una comunicazione precisa dell’inconscio e vanno analizzate come il simbolismo nei sogni.
Ma prendere coscienza delle dinamiche familiari non basta (psicogenealogia), bisogna poi comunicare con l’inconscio attraverso degli atti simbolici, che aiutino a concludere quello che gli antenati non hanno potuto risolvere.
L’evoluzione della psicogenealogia
Per questa ragione sono importanti le Costellazioni familiari, dove le persone mettono in scena, anche in sessione individuale, la famiglia, per ridare a ciascuno il suo ruolo, rendere i fardelli, reinserire gli esclusi, ecc.
Le costellazioni psicogenealogiche®, marchio registrato da Maura Saita Ravizza che ha inventato questo metodo, sono la sintesi tra psicogenealogia junghiana e costellazioni familiari. Dopo un lavoro di psicogenealogia su almeno tre generazioni, si mettono in scena le persone della famiglia dalla generazione in cui il problema che ossessiona i discendenti si è mostrato per la prima volta.